SCUOLA…. futuro prossimo

CONFRONTO: futuro prossimo nella scuola

Seminario nazionale

Chianciano Terme (SI), 6-7 settembre 2008

L’IMPEGNO DELL’ASSOCIAZIONE

Mariangela Prioreschi, presidente nazionale

Un anno scolastico che pareva iniziare in sordina (vedi audizione Gelmini del giugno scorso) e che, in una continuità nella discontinuità, ha visto invece accendersi fuochi di artificio.

Nell’intervento di giugno del Ministro alla VII Commissione della Camera molti i passaggi condivisibili:

– la scuola ha bisogno di stabilità

– la politica della continuità

– lo scontro politico fuori della scuola

– il tener conto delle specificità territoriali e sociali

– la politica del buon senso e delle soluzioni condivise

– la scuola che è “la priorità”, non un capitolo di bilancio qualsiasi

– il diritto-dovere del Parlamento di esprimere la propria potestà legislativa

– la preoccupazione per le comparazioni internazionali ma anche il livello di eccellenza mantenuto dalle scuole elementari.

Si rinvenivano anche termini su cui sentivamo e sentiamo il bisogno di intenderci bene: merito, valutazione, carriera dei docenti… ma ci attendevamo contesti di confronto in cui i soggetti plurali (quindi anche l’associazionismo) potessero offrire un contributo costruttivo, mettendo a disposizione esperienze, elaborazioni, pratiche. La stessa stagione pesante per l’economia del Paese, già presente nell’Audizione, pareva contenuta in nome di un bene, il capitale umano, la persona che – diceva il Ministro – fa della scuola il luogo primo e decisivo per riaccendere la speranza e affrontare l’emergenza educativa.

I fuochi di artificio

Su questa dichiarazione d’intenti i primi scoppiettii il 1° agosto col disegno di legge presentato al Consiglio dei Ministri e poi, in crescendo, col decreto legge 137 del 1° settembre u.s. I due articolati sono in cartella proprio per consentire ad ognuno di “andare alla fonte” e non doversi accontentare di interpretazioni altrui.

Rubrico qui le… novità che penso emergano con forza per la loro portata, già presentate dalla voce dell’Amministrazione e fatte oggetto di dibattito.

Perché tornarci sopra? Per condividere pensieri e creare un pensiero di orientamento associativo.

Articolo 4 del decreto

§ il ritorno del docente unico nella scuola primaria

§ orario scolastico: ritorno alle 24 ore settimanali più eventuali ore aggiuntive sulla base delle esigenze delle famiglie con ovvie ripercussioni contrattuali

Articolo 3 del decreto

§ il ritorno dei voti; una valutazione periodica espressa in decimi e, nella scuola primaria, corredata da un giudizio globale

§ il voto in condotta che concorre alla valutazione complessiva

Articolo 1 del disegno di legge e del decreto

§ 33 ore dedicate alla cittadinanza

A ciò si aggiungono i tagli di unità scolastiche (in modo consistente) che soprattutto ricadranno su quei piccoli ma tanti paesi che costituiscono habitat umani significativi, anche se non numerosi.

Reazioni… ragionate

Credo che sia atteggiamento proprio di persone responsabili e di un soggetto associato con precisa identità, con un suo pensiero, disposto al confronto costruttivo evitare reazioni che afferiscono solo al piano emotivo.

Probabilmente dopo un primo sconcerto potrebbe subentrare la rabbia in chi su alcuni aspetti si è speso e ha faticato o, viceversa, un plauso in qualche nostalgico di tempi andati.

Nessuno può fermare il tempo, nessuno può rimettere indietro le lancette della storia, nessuno può mortificare un cammino faticoso, ma neppure possiamo ignorare il nuovo scenario.

Per dare una valutazione non in decimi, ma ragionata e argomentata e orientare reazioni e atteggiamenti condivisi ripensiamo le quattro novità più “forti” e vediamone le possibili implicazioni prospettiche, al di là del “fatto in sé ” pur importante. Le sviluppiamo alla luce di idee condivise e consolidate che non sono più mie o tue, ma nostre e che si sono venute costruendo attraverso la riflessione, l’innovazione, le buone pratiche (il dossier in cartellina non a caso è titolato “flessibilità nella coerenza”).

§ Il ritorno dell’insegnante unico e l’orario scolastico

Sentirci riproporre per decreto l’abolizione del team è, credo, un fulmine a ciel sereno del tutto inaspettato. Non siamo un soggetto rigido che sta nei processi con non volontà di confronto, ma siamo un soggetto che tenta, almeno, una coerenza di pensiero.

Il team è diventato “maggiorenne”, ben 18 anni fa si è affacciato all’orizzonte. Conosciamo bene le resistenze e le oggettive difficoltà iniziali, ma vale la pena ridirci le motivazioni che all’epoca spinsero l’Associazione a sostenerlo rischiando anche l’impopolarità.

Il nostro assenso e sostegno non nacquero, come alcuni ebbero a dire, per motivi occupazionali. Vedevamo, almeno per l’Aimc era così, nel team docente un gruppo professionale che esercitava condivisione, corresponsabilità, contitolarità. La stagione culturale mutata, il passaggio da una cultura connotata da omogeneità ad una cultura pluralista esigeva anche da parte della scuola un riorientamento pedagogico e ordinamentale. Il maestro unico, caro alla nostra memoria e a cui la scuola deve gratitudine, appariva superato dall’evoluzione dei tempi. C’era bisogno, per una offerta formativa migliore, di un nuovo canone professionale.

Non solo, l’introduzione del team apriva strade promettenti: spaccando il guscio della corrispondenza biunivoca (un docente, una classe), apriva alla contitolarità, spingeva al confronto, sosteneva la mediazione, la condivisione, la corresponsabilità. Un’apertura, un primo passo verso la costruzione di una scuola-comunità. È questa un’idea forte, per l’Aimc irrinunciabile; una scuola pensata come habitat, nicchia ecologica in cui ogni bambino è accolto, è destinatario di pari opportunità formative, è circondato da adulti competenti che condividono un progetto a cui concorrono.

Non è male ricordare, anche se rapidamente, altri due aspetti

· la riforma ordinamentale del ’90 nacque da un triennio di sperimentazione, fece tesoro delle migliori pratiche di scuola e, dopo cinque anni, fu sottoposta a verifica. Alcune rigidità vennero sciolte (la frammentazione dei tempi disciplinari) e affrontate alcune difficoltà che si erano, nei fatti, verificate, ad esempio il modulo in verticale. Problemi, ostacoli, fatica di rimentalizzazione, ma forse anche da qui ne è scaturito un effetto (e siamo al secondo aspetto)

· la qualità della scuola elementare (o primaria) che anche nei rapporti internazionali ha dimostrato livelli di eccellenza, sapendosi non perdere, come modello funzionale, di fronte alle numerose e repentine innovazioni ordinamentali e alla nuova stagione dell’autonomia.

Ritornare al maestro unico ha dunque effetti indesiderati, che vanno ben oltre lo choc iniziale, quindi:

· una comunità più fragile

· una offerta di competenze professionali più ridotta

· una relazione educativa che non può avvalersi di soggetti plurimi (e non si dica che il bambino ha bisogno di un punto di riferimento: è immerso in una società plurale e vive la dualità anche genitoriale).

Il ritorno al maestro unico non può essere presentato come modello pedagogico vincente: è stato superato perché obsoleto 18 anni fa e il nuovo modello ha dato ottimi risultati. Perché ripercorrere una via gloriosa ma che aveva già allora fatto il suo tempo?

L’unica spiegazione è il risparmio (che andrebbe quantificato). Certamente il contenimento della spesa pubblica è problema urgente che riguarda tutti i cittadini e tutte le istituzioni, quindi anche la scuola, ma

¨ c’è una logica della razionalizzazione (condivisibile) e una dei tagli semplicistici (non accettabile)

¨ c’è un Parlamento che di fronte a questi cambiamenti rilevanti non può essere lasciato fuori, essendo il luogo deputato a legiferare

¨ siamo di fronte ad una logica del confronto e della condivisione che certamente non trova espressione adeguata nella via del decreto.

Unitamente a questo aspetto, quello dell’orario: 24 ore più eventualmente l’aggiuntivo. Un orario ridotto rispetto all’attuale. È un articolo poco chiaro: una classe che lavora 24 ore settimanali affidata a un solo docente, ma allora il docente ha modificato il suo orario di servizio attuale che, come ben si sa 22+2? Se così fosse due gli interrogativi non da poco

entrare per decreto in un istituto contrattuale

far saltare le ore di programmazione (che magari non sarà più di team) cassando comunque un contesto di condivisione, di progettualità, di verifica.

Se invece l’istituto contrattuale non viene toccato quelle due ore nelle classe chi le copre? Una domanda legittima che attende risposta chiara, non siamo nella filosofia, ma nella semplice aritmetica.

Il tempo ridotto in proiezione porta alcune conseguenze pesanti:

§ il curricolo è temporalmente costretto

§ chi potrà fare a meno dell’aggiuntivo? Quei ragazzi le cui famiglie non hanno problemi di “collocamento” e che possono trovare il “di più” a livello personale e privato

§ la corsa allo straordinario fra i docenti, ulteriore elemento di frammentazione comunitaria. La logica della cifra individuale può trovare anche qui ampi spazi di crescita.

Ne deriverebbe una scuola poco attenta agli ultimi, una scuola che riprende le sembianze dell’apparato, più strumento di mantenimento dello status quo che leva di perequazione attenta ad ognuno.

Il ritorno dei voti

Non ci impressionano tanto i numeri ma ciò che significa o che può significare una valutazione espressa in decimi.

La valutazione pare pensata come giudizio attento agli esiti, alle performances de ragazzi.

Non vorremmo che fossero i rapporti Ocse-Pisa o le prove Invalsi a diventare l’unico parametro.

Avevamo e abbiamo un’idea di valutazione ben più complessa e promettente: valutazione autentica, orientante, attenta ai processi, basata su essenziale e competente documentazione. Insomma una azione professionale realmente finalizzata a favorire percorsi a misura di ogni persona/alunno.

Il voto non annulla tutto questo, ma collocato nell’insieme può favorire una rudimentale e nociva semplificazione.

Due parole sul voto in condotta. Che il comportamento dei ragazzi a volte crei forti interrogativi, che la scuola spesso si senta senza strumenti per arginare fenomeni che sono da stigmatizzare è vero. Nasce però il dubbio se il voto in condotta possa, da solo, essere una risposta. Se questo fosse (e non ce lo auguriamo) sarebbe una dichiarazione implicita che la scuola abdica al suo compito: l’educare per un giudicare che è ben altra cosa. Educare ad alcuni comportamenti richiede una scuola esemplare come relazioni umane, etica, rispetto delle regole condivise e comprese.

Anche qui torniamo all’idea di scuola-comunità per la persona, per ogni persona.

L’ora di cittadinanza e di costituzione

Nessuno mette in dubbio che una conoscenza (non nozionistica) della nostra Carta Costituzionale possa e debba essere elemento di attenzione nella scuola. La comprensione dei valori fondativi della nostra Repubblica dovrebbe essere garantita ad ogni alunno in quanto cittadino. Recuperare l’educazione civica portandola o riportandola a dignità, riscattandola da una postazione residuale non è certo operazione non accoglibile.

Ciò che lascia perplessi è “l’ora” di cittadinanza; ricorda un po’ l’ora di legalità del precedente Ministro. Soluzioni semplici per situazioni complesse; già questo è scarsamente promettente. Legalità, cittadinanza non sono educazioni a sé stanti, ma come per la prima avemmo a dire con Fioroni ora per la seconda diciamo al neoministro che esse sono atmosfere, connotati di habitat, esperienze da vivere nel “micro”, giorno dopo giorno nella relazionalità reale.

E torna ancora in primo piano la scuola-comunità, luogo di incontro delle diversità che punta all’obiettivo di una convivenza più umana in grado di attivare circuiti di comunicazione, conoscenza, stima dalle quali scaturisce senso di appartenenza e esperienza di corresponsabilità di adulti e di piccoli esperienza di cittadinanza vissuta. Questo rende una scuola seria perché aiutata ad essere fedele al suo compito.

Tagli agli organici e soppressione di unità scolastiche

Due temi forti che afferiscono in modo evidente alla riduzione di spesa. Questo non può essere “il” criterio orientatore.

La soppressione di migliaia di posti di lavoro ci interpella, ancor prima che come professionisti, come persone che non si chiudono dentro uno splendido isolamento.

Se è vero che la scuola può ridurre così i suoi operatori implicitamente si afferma che finora i docenti, per un verso blanditi, essendo troppi hanno poco faticato. Ed è ingiusto.

Poi: non ci facciamo carico dei tanti, troppi che vivono da precari in situazione di forte incertezza? La genitorialità (che non è buonismo facile) professionale dove la mettiamo?

E le sottodimensionate unità scolastiche? Possono essere viste solo come uno spreco; alcune situazioni vanno certo sanate, ma altre sono un servizio ai cittadini con pari dignità. I bambini/persone delle vallate del Trentino o delle nostre belle isole che d’estate (d’inverno no!) sono luoghi di refrigerio e ristoro sono forse di serie B? L’orografia italiana non è decisa per decreto; è quella che è e ne siamo orgogliosi. Togliere la scuola (solo per risparmio) in certi piccoli paesi del più grande Paese può avere due effetti

¨ far sentire i piccoli paesi ancor più dimenticati (salvo recuperarli per il turismo estivo), quasi estranei alla comunità nazionale

¨ pensare a una scuola on line con l’implicito messaggio: la relazione educativa, interpersonale può anche essere accantonata.

Culturalmente e pedagogicamente le due vie non ci possono piacere.

Razionalizzare vuol dire non una soluzione uguale per tutti (la logica del taglio), ma esperire per ogni situazione la soluzione più adatta perché i diritti di ogni persona e il primato dell’educativo siano salvaguardati.

E l’Associazione?

Tenere conto dei nuovi scenari è obbligo.

Tre vie acquiescenza di comodo (ma siamo soggetto eticamente connotato!)

scendere in piazza (ma non è nel nostro DNA che invece ci sollecita al confronto, al dialogo, alla propositività)

impegnarci ancora una volta per ciò che ci sta a cuore

(postazione meno populista, ma più coerente)

Come impegnarci?

Rubrico rapidamente alcuni livelli

– Esercitare vigilanza attenta e, per quanto ci sarà concesso, propositiva nel periodo di

. stesura dei regolamenti attuativi

. necessario confronto per la conversione del decreto in legge

Vogliamo sperare che, nonostante i tempi ristretti, ci siano occasioni e contesti di audizione a cui dovremmo andare con proposte non arroganti, ma neppure intimorite, argomentate e ferme su alcuni punti.

– Fare opinione, seria ma senza sconti, non polemica ma ferma dicendo il nostro punto di vista e non perdendo occasione (interviste, giornali nazionali e locali, comunicati e quant’altro). Ma soprattutto fare opinione presso i colleghi, sostenendoli nella comprensione dei processi, nell’andare oltre l’immediato, nell’aiutarli a proiettare l’inizio dei processi un po’ più oltre portando a coglierne effetti a lunga gittata di non immediata percezione.

– Stare, come ci è naturale, ancora una volta accanto alla scuola per sottrarre alla erosione aspetti che ci paiono, anzi siamo convinti, essere centrali.

. scuola non apparato ma comunità – più difficile con il nuovo scenario ma non impossibile –

sostenendone la progettualità contestualizzata e arginando la deriva della cifra individuale

. valutazione come responsabilità di processo di cui il voto sia solo la sintesi e non il tutto

non perdendo le buone pratiche del documentare, del valutare il divenire che non devono

essere abbandonate

. curricolo come campo in cui la scuola si esprime, rafforza identità, concretizza l’apprendi-

mento unitario, aiuta il ragazzo a far sintesi delle sue conoscenze per andare verso una com-

petenza di vita.

– Tenere desta l’attenzione sul diritto/dovere di cittadinanza attiva. Ci sarà anche “l’ora” di cittadinanza e Costituzione, ma ciò non esime la scuola dal pensarsi come palestra di crescita in consapevolezza e esercizio di cittadinanza vissuta nei piccoli e nei grandi.

Abbiamo posto il curricolo di cittadinanza al cuore del nostro planning dell’anno. Lo riteniamo strumento, modalità privilegiata per

esplicitare il gradiente educativo della scuola

rendere un reale servizio di liberazione ad ogni ragazzo attraverso la via del conoscere perché possa formarsi un proprio pensiero, esprimerlo, entrare nei circuiti del confronto, assumere responsabilità

Non c’è decreto che lo impedisca o che lo possa impedire. Anzi nella scuola ci sono già tante buone pratiche in tal senso che vorremmo far uscire dal silenzio, portare in emersione, farle dialogare per consentire a noi e alla scuola di riprendere consapevolezza del suo egregio percorso. Ora più che mai ne sentiamo il bisogno.

– Non perdere infine di vista la centralità del ragazzo come persona originale, unica, portatore di diritti essenziali.

In questo possiamo e intendiamo continuare a impegnarci. Certamente le condizioni esterne possono essere più o meno favorevoli (e oggi paiono ostacolanti), ma con i ragazzi ci stiamo noi, in aula entriamo noi e se alcuni punti fermi ci sono chiari, se ci crediamo e non molliamo avremo guadagni quali

– una scuola aiutata a non perdersi

– un’associazione che si riprende in mano e, nonostante tutto, sa di avere idee e ideali da non

gettare alle ortiche

una persona/alunno rispettata, sostenuta, onorata nei suoi diritti, accolta e accompagnata nel

suo progetto.

L’impresa è complessa, la partita difficile. Va comunque giocata perché i Ministri sono protempore, la qualità della vita del singolo e della comunità no! Abbiamo una responsabilità etica prima che professionale e non vogliamo declinarla.

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